SOCIAL MEDIA

Turchia: dopo Twitter bloccato anche YouTube

Il premier Erdogan tiene fede alle sue “promesse” di estirpare i social media occidentali e oscura la piattaforma video di Google, dopo la pubblicazione di registrazioni di conversazioni tra dirigenti turchi

Pubblicato il 27 Mar 2014

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Dopo Twitter venerdi scorso, in Turchia questo pomeriggio è stato bloccato anche l’accesso a YouTube, come riferisce Hurriyet online. La misura è scattata dopo che sulla piattaforma di social video di Google è uscita la registrazione di una conversazione fra dirigenti turchi su un possibile intervento in Siria.

Da qualche settimana il premier della Turchia Recep Tayyip Erdogan si sta scagliando contro i siti social americani, da Facebook a YouTube a Twitter; riguardo a quest’ultimo ha addirittura dichiarato che dovrà essere “estirpato“. E ancora: “Ci sono misure che prenderemo dopo le elezioni del 30 marzo, non lasceremo il paese in balia di YouTube e di Facebook“, ha detto il premier turco una settimana fa. Alle parole infuocate di Erdogan ha fatto seguito la chiusura di Twitter in Turchia, con le conseguenti critiche di Usa e Unione europea.

“Siamo preoccupati da ogni possibilità che i social media possano essere chiusi”, ha dichiarato Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato Usa. il blocco in Turchia è “infondato, inutile e vile” e “il popolo turco e la comunità internazionale vedranno questo gesto come un atto di censura. E lo e'”, ha commentato Neelie Kroes, vice-presidente della Commissione europea.

Ma mentre Twitter avrebbe avviato delle trattative con il governo turco per ottenere la revoca del blocco deciso nei suoi confronti venerdì (secondo il quotidiano Radikal ci sono state consultazioni fra il legale turco di Twitter Gonenc Gurkaynak e la Commissione governativa delle telecomunicazioni Tib), oggi la scure della censura di Ankara si abbatte nuovamente verso una piattaforma social made in Usa.

Intato la corte turca ha respinto uno dei ricorsi presentati da Twitter contro il blocco deciso nei suoi confronti dal governo di Ankara sostenendo che la rete sociale non e’ parte in causa nella controversia, riferisce Hurriyet online. Il ricorso presentato davanti alla Quinta Corte Criminale dell’Anatolia era rivolto contro una richiesta di blocco dell’account di un utente, @oyyokhirsiza. Questa denuncia figurava fra quelle che il governo turco ha citato per giustificare il blocco deciso venerdi’ scorso. La corte dell’Anatolia, riferisce Hurriyet, ha respinto il ricorso di Twitter ritenendo che il colosso di San Francisco non e’ parte in causa nella controversia fra il cittadino turco e l’account incriminato. Il tribunale ha inoltre constatato che il blocco di Twitter deciso dal governo e’ una “decisione esecutiva” e non una misura fondata su una “sentenza giudiziaria”.

Ieri una corte di Ankara ha ordinato la sospensione del blocco di Twitter. Ma la sentenza non e’ stata ancora messa in applicazione dalle autorita’ di Ankara, che hanno 30 giorni per farlo o per presentare un ricorso

Sin dallo scorso gennaio, in realtà, la pubblicazione sui social network di registrazioni contenenti intercettazioni, relative a scandali di corruzione e simili, ha spopolato tra gli utenti turchi ed è diventata prassi quotidiana. La decisione di chiudere il sito è stata presa dal già citato Tib, l’autorità delle comunicazioni che negli ultimi mesi è stata investita di maggiori poteri proprio nei riguardi della gestione e censura dei siti internet, a seguito di una legge aspramente criticata da Unione Europea e Stati Uniti. Nel corso del mandato di Erdogan, il portale video di Google ha già subito numerosi arresti o temporanee chiusure.

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