Ripensare il quadro normativo complessivo del settore radiotelevisivo nell’era delle convergenza e assicuare parità di regole a broadcaster e over the top. Sono queste le conclusioni a cui è giunta l’indagine conoscitiva sul sistema dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici approvata oggi dalla IX Commissione Trasportie Tlc della Camera
“La crescita dell’utilizzo di Internet è un processo che si dispiega con forza sempre maggiore, per cui già adesso Internet è diventato o sta per diventare il secondo mezzo più diffuso di intrattenimento e di informazione – si legge nell’indagine – La convergenza tecnologica ha l’effetto di “abbattere i confini” nella diffusione dei contenuti audiovisivi tra le diverse piattaforme tecnologiche, con la conseguenza di modificare la stessa fisionomia del settore radiotelevisivo. L’attività “tradizionale” delle emittenti televisive si trova collocata in un mercato ben più ampio, in cui competono con nuovi soggetti (tra i quali i cosiddetti Over the top), che si sono sviluppati e operano in Internet, e che, nei casi più rilevanti, si caratterizzano per la dimensione globale della loro attività”.
E proprio questi questi processi rendono necessario un ripensamento complessivo del quadro normativo che regola il settore radiotelevisivo. Dall’indagine conoscitiva è emersa l’esigenza di una disciplina più omogenea in relazione ai diversi soggetti che operano nel settore, semplificata rispetto all’eccessivo dettaglio che caratterizza per molte parti la normativa vigente e, al tempo stesso, più idonea ad affrontare le questioni di fondo poste dall’evoluzione tecnologica.
Sul fronte parità di condizione tra broadcaster tradizionali e over the top, la Commissione evidenzia che “la vigente normativa, a livello europeo e nazionale, prevede, con prescrizioni anche molto articolate nel dettaglio, molteplici obblighi e vincoli a carico delle emittenti televisive, quali quelli in materia di protezione dei minori, limiti alla pubblicità, regole sulle comunicazioni commerciali, promozione di opere audiovisive europee, par condicio dell’informazione. Queste prescrizioni non si estendono, o si estendono in misura assai più limitata, a chi diffonde contenuti audiovisivi tramite Internet”. Questa premessa induce a porre in discussione alcuni degli elementi portanti della disciplina del settore radiotelevisivo, come è definita attualmente che garantisca parità di condizioni ai player, anche aprendo una confronto con la Ue.
“L’indagine è nata dalla volontà di verificare la compatibilità della normativa vigente con le poderose trasformazioni tecnologiche in atto – spiega Michele Meta, presidente della commissione Trasporti e Tlc della Camera – Si pensi alla rivoluzione iniziata con il passaggio dall’analogico al digitale terrestre, che ha moltiplicato i canali e l’offerta e ha distinto la figura del fornitore di servizi di media audiovisivi e quella dell’operatore di rete. Oppure al processo di convergenza tecnologica tra tv, telecomunicazioni e Internet: da un lato, i contenuti audiovisivi possono essere fruiti attraverso una molteplicità di strumenti (computer fissi e portatili, tablet, smartphone, etc…); dall’altro, il televisore permette allo spettatore, attraverso il collegamento ad Internet, di vedere i contenuti da lui scelti nei tempi in cui desidera farlo”.
Per Meta “se i servizi audiovisivi forniti sono gli stessi, se il mercato è comune, occorre, come è stato ribadito più volte nell’indagine conoscitiva, che anche le regole che si applicano agli operatori siano sostanzialmente omogenee. Altrimenti si altera la concorrenza e si rischia allo stesso tempo di vanificare molti strumenti di garanzia introdotti nel sistema televisivo”.
“In ogni caso, definire un quadro normativo comune non significa imbrigliare i nuovi operatori, limitandosi ad estendere ad essi la disciplina – per molti aspetti troppo rigida – che attualmente si applica alle emittenti televisive – precisa – Occorre invece cogliere l’occasione offerta dalle novità tecnologiche per pensare una normativa diversa, più leggera, capace di individuare le regole fondamentali: un ripensamento da attuarsi non soltanto a livello nazionale, ma con il coinvolgimento dell’Unione europea”.
Tra i molti temi toccati dall’indagine conoscitiva – i cui documenti verranno pubblicati integralmente dalla Camera dei deputati – c’è uello delle frequenze. “Da un lato, si è registrata una sostanziale convergenza sulle proposte del cosiddetto rapporto Lamy, che assicura la coesistenza duratura delle due modalità di impiego (utilizzo radiotelevisivo e quello per telefonia mobile a banda larga) e pone il 2025 come data per effettuare una verifica intermedia sull’evoluzione di tecnologie e mercato – evidenzia Meta – Dall’altro, si è affrontato anche il problema delle emittenti locali: su assegnazione delle frequenze e contributi pubblici c’è bisogno di una politica complessiva, che favorisca la concentrazione del numero dei soggetti operanti e privilegi le emittenti più solide in termini di struttura di impresa, consistenza patrimoniale, occupazione, livello di ascolti e qualità della programmazione”.
Infine la Rai. “Il servizio pubblico del prossimo decennio dovrà essere crossmediale e dovrà rappresentare il Paese in un contesto diventato ormai internazionale. Non basta più produrre e diffondere programmi per il mercato interno – conclude – In rapporto con i produttori indipendenti, il servizio pubblico sempre più deve essere il volano di un’industria produttiva nazionale capace di esportare e di essere presente su tutte le piattaforme internazionali.