Uber, l’azienda della contestata app con cui si chiama un’auto con conducente in diretta concorrenza coi servizi taxi, cerca di attrarre nuovi autisti e di fidelizzare quelli esistenti negli Stati Uniti con un programma che prevede sconti sulle bollette telefoniche e sulle riparazioni auto e assistenza a trovare l’assicurazione sanitaria. Uber tenta così di compensare il fatto che non offre un salario garantito e altri benefit ai suoi lavoratori.
Il nuovo programma, chiamato Momentum, offrirà agli autisti fino al 18% di sconto sui loro piani tariffari per lo smartphone personale, sconti fino al 15% presso alcuni meccanici convenzionati e un consulente per trovare l’assicurazione sanitaria (obbligatoria negli Usa) più adatta alle loro esigenze.
Man mano che si espande, Uber ha bisogno di attrarre gli autisti a lavorare a tempo pieno con l’azienda. Gli autisti di Uber sono trattati come liberi professionisti, o lavoratori autonomi, non dipendenti, il che vuol dire che possono scegliersi il loro orario di lavoro ma non ricevono quelle protezioni di cui godono i lavoratori dipendenti a tempo pieno. La maggior parte, spiega oggi il Financial Times, usa la propria automobile e molti prendono a noleggio i loro telefoni da Uber per 10 dollari a settimana. Un discreto numero di autisti inoltre lavora sia per Uber che per società analoghe sue concorrenti, come Lyft, accettando chiamate dalla piattaforma che nel dato momento garantisce la paga migliore.
“Il nostro obiettivo è creare un ambiente di lavoro ottimale”, spiega oggi David Plouffe, ex consulente del Presidente Barack Obama e oggi a capo delle policy and strategy di Uber.
La sharing economy di cui Uber e aziende simili sono pioniere ha attratto migliaia di lavoratori per la flessibilità dell’orario di lavoro, ma ha scatenato anche diverse critiche perché l’azienda “gonfia” nelle sue dichiarazioni ufficiali la paga che l’autista medio guadagna e ha più volte ridotto il prezzo delle corse per attrarre clienti.
Negli Usa Uber si trova a fronteggiare anche una class action perché classificherebbe in modo improprio i suoi lavoratori come “autonomi” anziché “dipendenti”; l’accusa sostiene inoltre che l’azienda dovrebbe rimborsare gli autisti per le loro spese. Anche in Canada ci sono guai per Uber: la città di Toronto le ha fatto causa chiedendo al tribunale di vietare l’uso della contestata app anche perché l’azienda non offre formazione né alcuna forma di assicurazione ai suoi autisti.