Ull e bitstream, Preto: “Vincolati dal Consiglio di Stato, non ci sono alternative ai tagli”

Il consigliere di Agcom spiega al Corriere delle Comunicazioni i motivi che hanno pesato sulla proposta del nuovo canone Ull e bitstream. Tre le sentenze del Consiglio di Stato di marzo su manutenzione correttiva e modello di calcolo che hanno condizionato la decisione finale

Pubblicato il 12 Lug 2013

“L’Autorità non aveva alternative. Da una parte il Consiglio di Stato ci chiedeva di tenere conto, nei costi dell’unbundling, dei contratti flat tra Telecom e i manutentori e di passare a un modello di orientamento al costo per il bitstream. Dall’altra, non potevamo modificare il valore di 9,36 per il Wacc (Costo medio ponderato del capitale) prima di fare analisi di mercato. Se ne riparlerà con quelle del 2014-2016…”.

Il consigliere Agcom Antonio Preto spiega così, al nostro giornale, come si è arrivati alla decisione di ieri, che tanta protesta ha suscitato in Telecom Italia. Ossia di portare a 8,68 euro al mese il costo dell’unbundling 2013 (-6,4 per cento sul 2012) e a 15,14 (-22 per cento) quello del bitstream (incide meno il taglio, pure deciso ieri, sul Wholesale line rental).

Insomma, un’Autorità stretta dai paletti della giustizia amministrativa? “Sì. A marzo ci sono state tre sentenze del Consiglio di Stato (passate in sordina, Ndr.) che hanno annullato parzialmente delibere precedenti dell’Agcom. In sostanza il Consiglio di Stato ci impone, nel calcolo dei costi della manutenzione correttiva (che influiscono sul canone di unbundling), di dare un peso ai contratti flat che Telecom fa con le ditte di manutentori della linea fissa. Un’altra sentenza ci vincola a usare il modello di calcolo dell’orientamento a costo per il bitstream (già adottato per i prezzi 2012, Ndr.), invece del retail minus”.

Di qui il calo dei valori di unbundling e di bitstream, “che abbiamo deciso dopo aver commissionato il calcolo corretto a un consultente esterno”.

Ne consegue, logicamente, che prima gli operatori alternativi pagavano più del dovuto- rispetto ai veri costi subiti da Telecom, con un modello di calcolo bitstream retail minus e senza tenere conto dei contratti flat? “Non entro nel merito di quanto deciso dalla precedente Autorità”, risponde Preto.

Ma qual era l’alternativa- visti i vincoli del COnsiglio di Stato- per fare un prezzo di unbundling più alto, come avrebbe voluto Telecom (circa 9 euro)? “In teoria per questo fine avremmo dovuto alzare il Wacc, cioè il valore di remunerazione del capitale. Ma se l’avessimo fatto, un ricorso al Tar avrebbe avuto facilmente ragione sulla delibera, annullandone gli effetti, come accaduto in passato per casi simili. Non ci è permesso infatti, dalla normativa, modificare il Wacc prima di un’analisi di mercato”. Questione di poco tempo, però: a settembre Agcom intende completare le analisi per i prezzi Telecom all’ingrosso 2014-2016. “Allora potremo tornare sulla questione del Wacc”. Sì, dalle prossime analisi potrebbe emergere una partita diversa, perché Agcom terrà conto anche di altri due fattori. “Sul versante nazionale, la proposta di separazione societaria della rete diaccesso di Telecom Italia, al fine di realizzare l’Equivalence of Input (EoI); sul piano europeo, la prossima emanazione della Raccomandazione in materia di non discriminazione econtabilità dei costi. L’Autorità terrà conto di entrambi questi eventi nella definizione della disciplina per la rete diaccesso per il triennio 2014-2016”, scrive infatti nella nota di ieri.

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