Ultrabroadband, anche il Cnel ha un “piano”

Approvato dall’Assemblea un documento che traccia la strategia Paese per la realizzazione delle nuove reti. “L’Internet veloce è una necessità ineludibile”

Pubblicato il 05 Mag 2010

La banda ultralarga come volano della competitività di impresa,
della nascita di nuove realtà imprenditoriali e della creazione di
nuovi "indotti" e, non ultimo, come generatore di nuova
occupazione. Ne è convinto il Cnel che ha messo nero su bianco una
serie di proposte sulla banda ultralarga – per conto della seconda
Commissione e in particolare dal consigliere incaricato Paola
Manacorda – approvate dall'Assemblea dello scorso 27
aprile.

"La realizzazione di una rete a banda ultralarga è una
necessità ineludibile per il nostro Paese e, in particolare, per
il suo sistema produttivo", si legge nel documento. Le imprese
per tornare a essere competitive – sottolinea il Cnel – dovranno
modificare i loro modelli di business, attrezzandosi per innovare
nei processi produttivi, nei prodotti e nei servizi offerti,
integrandovi quote crescenti di conoscenza, stabilendo nuove forme
di cooperazione e anche dotandosi di “reti lunghe” per
affrontare le sfide dell’economia globalizzata. Ciò richiederà,
tra le altre misure, l’adozione di applicazioni molto avanzate
che comportano l’uso di reti ad alta velocità. La nuova rete
metterà inoltre in moto la macchima delle applicazioni e dei
servizi ad alto valore aggiunto e solleciterà l'industria
manifatturiera elettromeccanica ed elettronica e quella del
software a riconvertirsi verso nuovi prodotti e servizi. "Ciò
permetterà a queste imprese di uscire dalla grave crisi in cui si
trovano a causa del crollo degli investimenti da parte degli
operatori di Tlc", si legge nel documento del Cnel. Innegabile
sottolinea il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro il
carattere anticiclico della nuova rete "adatta a creare nuova
occupazione, sia nella fase della costruzione, sia nella fase di
creazione di nuovi servizi, ambiti questi di occupazione
qualificata".

Tenendo conto dell'ingente impegno economico necessario alla
realizzazione dell'infrastruttura –  tra i 6 e i 15 miliardi
di euro in 5-6 anni -della complessità della governance del
sistema (sono le Regioni ad avere coompetenza in materia) e della
necessità di nuove regole per assicurare la concorrenza anche
sulla nuova rete il Cnel considera indispensabile "una
strategia condivisa da tutti i soggetti che a vario titolo hanno
interessi nella rete: Governo e Parlamento, Regioni, Autorità di
settore, imprese, operatori di telecomunicazione, operatori
televisivi, sindacati; una strategia che prenda la forma di un
Progetto Paese. Tale progetto dovrebbe essere definito in una sede
coordinata dal Governo, che fissi obiettivi, traguardi intermedi,
ruoli, risorse, percorso da attuare in un arco di tempo
definito".

L'investimento dovrebbere essere ripartito fra soggetti
pubblici e privati, come previsto in altri paesi, "con una
modalità di project financing".  Ed una eventuale
disponibilità finanziaria della Cassa Depositi e Prestiti
"potrebbe essere una utile opportunità, purché venga varato
un progetto industriale credibile e condiviso da tutti i soggetti
interessati".

Quanto alla creazione e alla partecipazione alla società della
rete "si ritiene che essa debba essere aperta a tutti gli
operatori di tlc, che possono eventualmente decidere di conferivi
le proprie reti già esistenti e ad altri operatori, ad esempio
quelli radiotelevisivi. Il Cnel ritiene, inoltre, che l’indirizzo
strategico e il controllo della eventuale società della rete
debbano rimanere in mano pubblica e italiana, stante la sua
strategicità ai fini della sicurezza nazionale, della tutela della
privacy, della garanzia degli investimenti, della sua realizzazione
in coerenza con le caratteristiche distintive del sistema
produttivo italiano". 

Il progetto, secondo il Cnel dovrebbe coinvolgere
"necessariamente" anche i principali operatori
televisivi. "E’, infatti, necessario assicurare che sulla
nuova rete viaggino non solo le applicazioni professionali  –
televideoconferenza, telelavoro, telemedicina, teleducatione,
telecommercio, marketing, banca e finanza, cooperazione progettuale
e produttiva in rete -, ma anche quelli di intrattenimento, e
quindi i palinsesti televisivi, per offrire agli utenti una TV
“on demand”, interattiva e in un prossimo futuro ad alta
definizione. Si tratta di un passaggio difficile e delicato,
poiché tutti gli operatori televisivi italiani sono oggi
verticalmente integrati (producono cioè contenuti televisivi e li
distribuiscono attraverso le loro reti, costituite da ripetitori e
ponti radio) e, quindi, sono comprensibilmente restii a rinunciare
al vantaggio oligopolistico che questa situazione consente loro.
Occorre, tuttavia, ricordare che la televisione del futuro vedrà
necessariamente una crescente presenza della IPTV (Internet
Protocol Television) su banda ultralarga e che la BBC ha già
intrapreso questa strada da molti anni, rinunciando alla sua rete,
ma diventando così il più grande produttore europeo di contenuti
e ciò non può che essere motivo di riflessione strategica per gli
operatori televisivi".

Sul fronte delle tecnologie il Cnel puntualizza che per ragioni di
costo la nuova rete "potrebbe non essere realizzata tutta in
fibra ottica, soprattutto nelle zone meno densamente abitate, ma
dovrebbe potersi avvalere di tutte le tecnologie trasmissive
(fibra, wireless, satellite). Gli operatori mobili dovrebbero,
quindi, anch’essi far evolvere le loro reti verso la banda
ultralarga, utilizzando la tecnologia Lte. Oggi, in Italia essi non
possono farlo per mancanza di frequenze, poiché le frequenze
liberate dal recente passaggio al digitale terrestre sono state
tutte allocate agli operatori televisivi (a differenza di ciò che
è avvenuto in altri paesi). Potrebbe quindi essere opportuno
rivedere questa decisione, assegnando una parte delle frequenze
liberate agli operatori mobili".

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