Ultrabroadband, l’Italia non è un Paese per piani

Il progetto nazionale si è complicato. La Commissione Ue vuole vederchi chiaro sugli aiuti di Stato. L’idea del governo è premiare chi porterà i 100 Mb al building. Ma forse un po’ più di realismo non guasterebbe

Pubblicato il 03 Lug 2015

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L’Italia non è un paese per piani, si potrebbe dire prendendo in prestito il titolo del bel romanzo di Cormac McCarty. Anche il progetto per lo sviluppo dell’ultrabroadband si è infatti complicato nelle ultime settimane. Stavolta i problemi non sono solo nazionali. La Commissione europea vuole vederci chiaro. Ancora prima della fase di notificazione formale agli uffici di Bruxelles sono iniziate le richieste di chiarimento. I punti dolenti, come era facile prevedere e come in realtà molti avevano previsto, riguardano soprattutto il meccanismo di sostegno allo sviluppo delle reti nelle cosiddette zone nere, cioè quelle in cui maggiormente si è sviluppata la concorrenza (nel piano coincidenti con le 15 città principali).


La normativa europea sugli aiuti di stato costituisce infatti un ostacolo non facilmente aggirabile (soprattutto alla luce delle linee guida del 2013). In linea astratta anche in queste aree sarebbe possibile l’intervento pubblico (previsto nella formula del credito di imposta e dei voucher), ma l’Italia dovrà dimostrare l’assenza di una iniziativa dei privati, l’interesse pubblico ad uno sviluppo di una grande capacità di banda e la domanda di servizi. Operazione non semplice, peraltro ulteriormente complicata dalle condizioni poste per la partecipazione alle gare necessarie a scegliere i soggetti destinatari dei sostegni pubblici. E proprio il tema delle gare si sta dimostrando il fronte più caldo. L’Antitrust italiana ha già detto che dovrebbero partecipare solo gli operatori non verticalmente integrati (per intenderci soggetti come Metroweb ed Enel). La Commissione europea ancora non si è espressa chiaramente.


Quello che è certo che tutti gli operatori tradizionali, da Telecom Italia a Vodafone a Wind e Fastweb, non l’hanno presa bene. Tutto il sistema così come concepito infatti rischia di assestare un duro colpo agli interessi degli attuali gestori di telecomunicazioni. Ed in effetti non si capisce questa “furia iconoclasta” verso chi possiede già delle reti. Uno dei passaggi fondamentali sarà la redazione delle linee guida da parte di Agcom sul tipo di servizi wholesale che devono essere resi disponibili sulle nuove infrastrutture ultrabroadband. Il regolatore dunque indicherà gli obblighi e li vigilerà.
L’Antitrust farà la sua parte per la concorrenza. A questo punto le gare dovrebbero solo, si fa per dire, scegliere il soggetto che presenta maggiori garanzie, anche di tempi, per la realizzazione delle reti di nuova generazione. Ma qui sorge un ulteriore problema. È evidente che nel piano del governo c’é un favor verso la tecnologia Fttb (fibra fino al palazzo), con l’idea di premiare chi porterà oltre 100 mega di banda.


Idea encomiabile se non fosse che l’Italia vive una condizione di arretratezza del settore devastante. Forse un po’ più di realismo non guasterebbe, dando spazio agli operatori esistenti in condizioni di effettiva neutralità tecnologica. Ma tant’è. Vedremo nelle prossime settimane. Una cosa però davvero non si capisce: perché intanto non si è iniziato ad attuare il piano per le aree bianche, quelle dove non c’è concorrenza, e che coincidono con la maggior parte dei comuni italiani?
Bruxelles per queste certamente non farebbe storie.

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