Sulla riduzione delle tariffe di unbundling Agcom intende tirare dritto, disobbedendo all’avviso negativo, e annessa ingiunzione di modifica, notificatole dalla Commissione europea lo scorso 12 agosto. L’indiscrezione è stata scaraventata nell’agone pubblico da un articolo apparso sul Sole 24 Ore di oggi. E a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, che ha potuto accertarla consultando fonti interne e vicine all’Authority italiane per le comunicazioni, cammina su gambe attendibili. Sembra, infatti, che gli incontri di conciliazione tra Agcom, Commissione e Berec, preposti a trovare un compromesso in vista del 12 novembre, data a partire dalla quale Bruxelles avrà un mese per decidere se dare seguito alla procedura contro il nostro Garante, abbiano esacerbato anziché appianare il contenzioso istituzionale.
“Durante i trilaterali svoltisi sino ad oggi – racconta una fonte Agcom – i servizi della Commissione non sono riusciti a giustificare con argomentazioni solide le loro perplessità sul nuovo listino”. Così da rafforzare la convinzione del Garante italiano di essere dalla parte del giusto. Dall’agosto scorso, l’Autorità non ha del resto mostrato alcun ravvedimento sull’affaire unbundling, continuando pubblicamente a difendere la “validità delle soluzioni regolamentari proposte e la solidità delle sottostanti argomentazioni, sia la correttezza dei passaggi procedurali seguiti”. Una posizione, quest’ultima, attorno alla quale hanno fatto quadrato anche gli altri regolatori europei: il Berec, l’organismo europeo che li rappresenta, in un parere licenziato il 23 settembre scorso aveva in effetti bollato come “ingiustificati” i dubbi palesati dalla Commissione europea.
E proprio la sponda offerta dal Berec viene annoverata tra i fattori “politici” che avrebbero persuaso Agcom a non cedere. Lo stato dei rapporti tra Bruxelles e il forum delle Authority europee è ai minimi storici, agitato da forti dissapori sui recenti indirizzi regolamentari imboccati dalla Commissione in materia di tariffe del rame e mercato unico. E le crescenti tensioni, che hanno molto indebolito il margine negoziale dell’Esecutivo comunitario, giocano tutte in favore del nostro Garante.
Com’è noto, l’11 luglio scorso il Consiglio dell’Agcom aveva votato a favore di una sensibile diminuzione dei prezzi di accesso alla rete in rame Telecom, in particolare portando il canone Ull a 8,68 euro al mese dagli attuali 9,28. Una volta notificata a Bruxelles per quello che molti analisti ritenevano si sarebbe trattato di un mero proforma la decisione del Garante italiano ha però dovuto saggiare un responso tutt’altro che benevolo. A ridosso del Ferragosto, la Commissione ha infatti formalizzato il proprio parere negativo sulla proposta di riduzione del listino, aprendo un’indagine ufficiale e invocando il meccanismo del riesame: in sostanza ordinando ad Agcom di collaborare proprio con il Berec, e la Commissione stessa, per apportare le dovute modifiche alla proposta in questione.
A pesare in maniera ancor più decisiva sull’ormai assodata decisione Agcom di rispedire al mittente i dubbi di Bruxelles è inoltre la stessa natura di questa procedura. E’ vero che la Commissione, dopo il nulla di fatto che si profila per il 12 novembre, sceglierà in tutta probabilità di reiterare le proprie richieste per il tramite di una “raccomandazione”. Il guaio è che quest’ultimo strumento, una sorta di extrema ratio alla quale Bruxelles può ricorrere contro le decisioni dei Garanti, non ha alcun valore vincolante. Agcom sarebbe dunque fortemente orientata a disattenderla. Uno scenario che, a quel che risulta al Corriere delle Comunicazioni, Marcello Cardani avrebbe implicitamente ventilato nel corso di un simposio organizzato lo scorso 22 ottobre dalla stessa Authority di cui è presidente.
“Cardani e anche il commissario Antonio Preto – aggiunge un navigato funzionario europeo – conoscono benissimo gli ingranaggi della macchina comunitaria e i suoi meccanismi informali e sanno bene che la pistola della Commissione è carica a salve”. E poi ci sono dei precedenti molto significativi, fanno notare altre fonti. In particolare, quelli di Germania e Olanda, i cui regolatori, colpiti in passato da un’analoga raccomandazione, hanno proseguito per la loro strada, ignorandola.