Il Tar del Lazio boccia i ricorsi degli operatori Fastweb, Eutelia e Wind contro l’aumento del canone sull’ultimo miglio (Unbundling local loop) deciso dall’Agcom per il periodo maggio 2010- 31 dicembre 2012. Lo apprende Radiocor. In precedenza il Tar, a dicembre scorso, aveva rigettato i ricorsi presentati sullo stesso tema da Aiip, Vodadone e Tiscali.
Con tre diverse sentenze ora la sezione terza ter del tribunale amministrativo, con presidente Giuseppe Daniele, respinge le richieste di Fastweb, Eutelia e Wind, condannando le società al pagamento delle spese legali. Il canone sull’unbundling è il prezzo all’ingrosso che gli operatori pagano all’incumbent Telecom Italia per usufruire dell’ultimo miglio della sua rete. La delibera dell’Agcom contestata dagli operatori prevedeva un aumento del canone a 8,70 euro al mese dal primo maggio 2010, 9,26 euro al mese dal 1 gennaio 2011 e 9,67 euro al mese dal primo gennaio 2012.
Tra le motivazioni dei tre differenti ricorsi degli operatori alternativi si contano: la mancata introduzione di adeguati obblighi di accesso alla rete in fibra di Telecom Italia e la contestazione dei criteri per i canoni wlr e naked bitstream. In particolare si punta il dito contro l’utilizzo di un meccanismo retail minus ancorato all’offerta di riferimento di Telecom per il 2009.
Canoni che, secondo uno dei ricorrenti, “non erano stati precedentemente orientati ai costi, ma determinati sulla base del sistema retail”. Per il tribunale “l’attività che caratterizza l’adozione delle delibere in discussione è permeata da un elevatissimo grado di discrezionalità tecnica, il cui sindacato giurisdizionale deve essere svolto per verificare l’attendibilità delle valutazioni compiute rispetto alla correttezza dei criteri utilizzati e applicati, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche proprie del settore di interesse, potendo il giudice amministrativo censurare la sola valutazione che si pone al di fuori dell’ambito di opinabilità, poiché altrimenti all’apprezzamento opinabile dell’amministrazione sostituirebbe quello proprio e altrettanto opinabile”.
Scendendo nel particolare, per il collegio del Tar “non può considerarsi illogica né minata da contraddizione intrinseca la scelta operata da Agcom, in quanto il sistema prescelto mira, in sostanza, ad applicare l’orientamento ai costi in maniera progressiva, mantenendo fermo il dato di partenza originario, e comunque, ancora valido per il 2010, costituito, per l’accesso ai servizi in questione, dal sistema di retail minus praticato ancora nel 2009 e che prevedeva una valutazione mista, che teneva conto cioè del prezzo del servizio richiesto da Telecom Italia, depurato dei costi non pertinenti, quali quelli di commercializzazione dell’offerta, di gestione del cliente e delle infrastrutture di rete non utilizzate”.