La recente decisione Agcom di rivedere al ribasso le tariffe di unbundling non avrebbe convinto i servizi competenti della Commissione Ue. Lunedì 12 agosto, secondo quanto appreso dal Corriere delle Comunicazioni, Bruxelles dovrebbe annunciare l’avvio di un esame approfondito dello schema di provvedimento notificatole dall’Autorità per le comunicazioni italiana: si tratta della cosiddetta “fase II”, ipotetica anticamera ad una vera e propria diffida ufficiale spiccata dall’Ue. Una misura che tuttavia non avrebbe natura vincolante. In ogni caso, il dato rilevante è che l’Esecutivo comunitario avrebbe stabilito per ora di non autorizzare il taglio dei listini decretato dal nostro Garante, riservandosene una disamina più dettagliata.
Un altolà che nelle settimane scorse era stato paventato da alcuni e auspicato da altri. Ma che, valutazioni di merito a parte, apre un ulteriore e spinosissimo capitolo in una vicenda che negli ultimi tempi non ha cessato di agitare l’universo delle tlc italiane. Resta vero che la notizia, quantunque filtrata da più fonti accreditate sia italiane che straniere, non ha ancora trovato conferma ufficiale. Inoltre, nulla si sa sulle motivazioni eventualmente addotte dalla Commissione Ue per negare il proprio via libera alla decisione del Garante italiano.
L’11 luglio scorso il Consiglio dell’Agcom aveva stabilito un significativo taglio dei prezzi di accesso alla rete in rame Telecom, con una riduzione del canone Ull a 8,68 euro al mese dagli attuali 9,28. Contestualmente, l’Authority aveva anche stabilito d’intervenire sul bitstream: con una riduzione del 22%, a 15,14 euro al mese. Successivamente, Agcom si era premurata di notificare la modifica dei prezzi alla Commissione, un’azione peraltro fortemente sollecitata dal commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes per bocca del suo portavoce Ryan Heath. Quest’ultimo aveva dichiarato che, in caso di mancata comunicazione ufficiale a Bruxelles, il Bruxelles era pronta a intraprendere i “necessari passi legali, in primo luogo l’avvio di una procedura d’infrazione”. E tutto ciò nonostante, secondo quanto rivelato dal Corriere delle Comunicazioni, nel 2009 l’Autorità stessa avesse ritenuto che non sussistessero le ragioni per notificare a Bruxelles un precedente schema di provvedimento.
L’avvio di ulteriori accertamenti sulla delibera Agcom da parte comunitaria prefigura due scenari antitetici. Da un lato, una volta espletate le dovute verifiche, la Commissione potrebbe decidere di chiudere il caso, concedendo la sospirata autorizzazione allo schema di provvedimento. Oppure, qualora venisse rilevato che la delibera Agcom non è in linea con la normativa europea vigente, Bruxelles invierà al nostro garante una raccomandazione di modifica. Una sorta di diffida che, tuttavia, non avrebbe natura costrittiva, considerato che sino ad oggi la Commissione non ha potere di veto sui rimedi regolamentari. In passato, solo due casi analoghi sono sfociati in una raccomandazione della Commissione. In entrambi le circostanze, i due garanti colpiti dal provvedimento comunitario, quello tedesco e quello olandese, hanno però deciso d’ignorarlo. In teoria, anche Agcom potrebbe imboccare la stessa strada.