ANTICIPAZIONI

Unbundling, l’Europa rincara la dose: pronta “l’arma” della Raccomandazione

Si profila un duro braccio di ferro con l’Agcom. L’Authority ha deciso di non apportare modifiche al listino e secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni la Commissione Ue si prepara a contrattaccare con una Raccomandazione. Ma il mandato dell’Europa va verso la scadenza e la questione rischia di andare per le lunghe

Pubblicato il 20 Nov 2013

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Non dà segno di attenuarsi lo strisciante braccio di ferro tra Commissione Ue e Agcom sulle tariffe di unbundling 2013. E anzi, a detta di molti osservatori, potrebbe sfociare in aperta battaglia legale. Con la Commissione intenzionata a passare alle maniere forti, finanche affidandosi all’opzione nucleare della procedura d’infrazione, per vincere la crescente riluttanza dell’Autorità italiana ad accogliere i “seri dubbi” sul nuovo listino sollevati da Bruxelles lo scorso 12 agosto. Di certo per il momento c’è che, secondo quanto appreso dal Corriere delle Comunicazioni, il prossimo 12 dicembre l’esecutivo europeo licenzierà una Raccomandazione nella quale chiederà formalmente ad Agcom di uniformarsi agli indirizzi comunitari. Nel mirino della Commissione, com’è noto, è la delibera del regolatore italiano che ha ridotto da 9,28 a 8,68 euro al mese i canoni dell’Ull, e che secondo Bruxelles avrebbe dovuto essere preceduta da una nuova analisi di mertcato.

Il periodo di interlocuzione a tre – tra lo stesso Garante, la Commissione e il Berec – per addivenire ad un compromesso si è in ogni caso concluso con un nulla di fatto. Lo stesso presidente di Agcom Marcello Cardani, parlando due giorni fa a margine del Financial Times Future of Italy Summit 2013, aveva dichiarato che l’Autorità starebbe “terminando, con qualche discussione con gli amici dell’Ue, la definizione dei prezzi di unbundling per il 2013”.

Proprio quel “qualche discussione”, concludono i meglio informati, conferma l’ormai acclarato muro contro muro tra Roma e Bruxelles. Di qui la decisione da parte della Commissione di tramutare le sue perplessità in una diffida ufficiale. Che però, anche se il portavoce di Neelie Kroes il 13 novembre aveva erroneamente parlato di una misura che “obblighi Agcom” a rivedere o ritirare il listino 2013, non avrebbe alcun effetto vincolante. L’articolo 7 bis della Direttiva 21 del 2002, che delimita il perimetro d’azione della Commissione sui rimendi assunti dai regolatori, contempla la possibilità di emettere una “raccomandazione in cui si invita l’autorità nazionale di regolamentazione interessata a modificare o ritirare il progetto di misura”. E ad Agcom sono consapevoli che proprio questa formulazione li “autorizza” a tenere duro di fronte al pressing di Bruxelles.

A quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, i vertici dell’Autorità, per altro, fanno sempre di più assegnamento sul fattore tempo. In chiaro: la strategia del nostro regolatore consisterebbe nel temporeggiare sino alla scadenza del mandato della Kroes – tra circa 10 mesi– nella speranza che il suo successore accantoni i precedenti rilievi. Questo non significa tuttavia che la Commissione sia orientata a cedere. Piuttosto, per dare effetto obbligatorio alla raccomandazione del prossimo 12 dicembre, starebbe seriamente meditando di forzare i confini dei trattati, imbarcandosi in un’operazione che potrebbe costituire un importante precedente legale.

Lo spauracchio di una procedura d’infrazione contro l’Italia, agitato nei giorni scorsi da alcuni osservatori, e finanche confermato da un report del gruppo bancario Hsbc, sta infatti guadagnando diversi adepti tra i consiglieri della Kroes. Aprire un’indagine ufficiale contro uno stato membro, sulla base di una decisione assunta da un’autorità indipendente, rappresenterebbe nondimeno una prima assoluta. Eppure, giurano alcuni eurofunzionari, i servizi giuridici comunitari sarebbero in grado di tirare fuori dalla cornucopia del diritto europeo uno o più cavilli per giustificare un’azione legale. Se poi la Commissione avrà il tempo, e solide argomentazioni giuridiche, per adire la Corte di Giustizia europea è però un altro paio di maniche. La verità è che, per quanto minaccia di essere combattuta a suon di interpretazioni regolamentari, la guerra fredda tra Bruxelles e Agcom ha prima di tutto una motivazione politica.

Da un lato la Kroes è persuasa della necessità di far convergere i prezzi dell’Ull di tutti gli stati membri, come per altro indica una Raccomandazione sulle metodologie di determinazione dei costi emanata poco tempo fa, per rimettere in moto la dinamica degli investimenti in nuove reti. Dall’altro i regolatori leggono questi indirizzi come un’usurpazione alla propria indipendenza, che come ha segnalato a più riprese il Berec non terrebbe conto delle diverse circostanze nazionali. Insomma, per la Kroes si tratta anche e prima di tutto di una battaglia simbolica, e Agcom (assieme al regolatore austriaco, anch’esso nel mirino della Commissione per le tariffe di unbundling) sono i primi a farne le spese. Come andrà a finire, è ancora difficile dirlo. Ma il 12 dicembre sarà solo l’ennesimo atto di un feuilleton che continuerà a trascinarsi, e soprattutto tiene in serbo ancora molti colpi di scena.

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