Dopo le ultime scintille di dicembre le acque sembrano al momento essersi calmate attorno al braccio di ferro tra Agcom e la Commissione europea sulle tariffe di unbundling 2013. Ossia i prezzi di accesso all’ingrosso alla rete in rame Telecom riveduti al ribasso dall’authority italiana a metà dell’anno scorso e successivamente contestati e messi in stand-by da Bruxelles. “Dobbiamo prima studiare le risposte di Agcom” ha tagliato corto il commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes lo scorso 13 gennaio, riferendosi alla “lettera motivata” con cui il Garante italiano ha replicato all’ingiunzione di modifica reiterata in dicembre dall’esecutivo comunitario con una Raccomandazione ad hoc. La prudenza retorica del rappresentante europeo, che segna un apparente allontanamento dai toni ben più accesi esibiti nei mesi scorsi, presta ormai il fianco a speculazioni divergenti.
La prima ipotesi, ancorché giudicata improbabile, è che Agcom abbia aggiustato il tiro, offrendo un ramoscello di ulivo alla Kroes: in parole povere proponendo un compromesso. Eppure questo scenario striderebbe con le ultime dichiarazioni del presidente dell’authority Angelo Cardani, il quale ancora prima di Natale aveva ribadito come non vi fosse “nessuna intenzione di cambiare o ritirare” il listino 2013. Nei fatti, stando ai meglio informati, è quindi ben più verosimile che Bruxelles abbia per ora deciso di non sbilanciarsi, in attesa di vagliare quanto praticabile sia sotto il profilo giuridico il ricorso ad una procedura d’infrazione contro l’Italia. Questa possibilità, ventilata anche da fonti interne della Commissione, cammina in effetti su gambe incerte. Non fosse perché, stando all’opinione di diversi esperti, potrebbe implicare un piccolo gioco di prestigio legale, nell’assenza di una base legislativa solida per motivarla.
E’ vero che il servizio giuridico della Commissione avrebbe ormai raccolto tutti gli elementi necessari a lanciare la procedura, come giura al Corriere delle Comunicazioni una fonte interna. Ma ammesso che l’indagine comunitaria si concretizzi, tra i ranghi del dicastero guidato dalla Kroes in molti sembrano propensi a tirare il freno, temendo una sonora bocciatura da parte della Corte di Giustizia europea. Di qui la “pausa di riflessione” della Commissione, che potrebbe anche protrarsi per alcuni mesi. In vero, la proposta di regolamento sul mercato unico delle tlc, licenziata dallo stesso commissario all’Agenda digitale in settembre e attualmente all’esame del Parlamento europeo, avrebbe potuto capovolgere la situazione in favore di Bruxelles. Il testo in origine poneva in capo alla Commissione l’agognato potere di bloccare i rimedi regolamentari deliberati dalle authority nazionali, fattispecie entro la quale rientra anche la delibera Agcom sull’unbundling. E anche per questa ragione la Kroes faceva grande assegnamento su una celere approvazione del pacchetto, per evitare di accollarsi la responsabilità di una procedura d’infrazione sulla quale incombe la minaccia di una fragorosa sconfitta.
L’ultima bozza emendata della normativa sul mercato unico, votata dalla commissione parlamentare per il mercato interno di Strasburgo proprio l’altro ieri, ha tuttavia silurato la citata misura. Per la letizia del Berec, il forum dei regolatori europei che nei mesi scorsi aveva tuonato a più riprese contro il pacchetto legislativo, paventando il rischio che conducesse ad una netta compressione del perimetro di competenze di cui ancora oggi godono le authority.
La Raccomandazione spedita dalla Commissione ad Agcom lo scorso 12 dicembre non ha in effetti alcuna natura vincolante, ma – in linea con quando stabilisce articolo 7 bis della Direttiva 21 del 2002 – ha dovuto limitarsi a “invitare” l’authority italiana a modificare o ritirare lo schema di regolamento sull’Ull. E si trattava, per altro, dell’ultima freccia nell’arco di Bruxelles per imporre la propria linea, al termine di una fase di approfondimento della durata di tre mesi (la cosiddetta Fase 2,), motivata dai dubbi comunitari in relazione ad alcuni aspetti procedurali – in seguito superati – e di merito della delibera (in particolare, in tema di costo del capitale riconosciuto a Telecom Italia, il cosiddetto Wacc). Quanto all’opzione della procedura d’infrazione, è vero che la Commissione è sul punto di esplorare questa via contro il regolatore tedesco riguardo le tariffe di terminazione mobile, e ne starebbe preparando una analoga contro l’Austria sempre sull’unbundling, ma il tempo in questo caso le è tiranno. Il mandato della Kroes scade tra circa sette mesi, e il suo successore potrebbe optare per un netto cambio di rotta, ancor più in ragione delle citate ambiguità legali.