Oggi alla Regione Lazio, ieri alla Provincia di Roma: gli addetti al call center di Vodafone, prima esternalizzati in Comdata Care e poi tornati alla compagnia telefonica dopo una sentenza del tribunale di Roma, giocano la carta degli incontri con le istituzioni nel tentativo di scongiurare i previsti 128 licenziamenti, ma per il momento senza esiti significativi.
Stamattina una delegazione di lavoratori ha incontrato Raffaele Fontana, funzionario dell’ufficio della Regione che gestisce i procedimenti di licenziamento collettivo.
Ieri un’analoga delegazione si era confrontata a Palazzo Valentini con alcuni membri della Commissione Lavoro della Provincia presieduta da Paolo Bianchini. “Nell’ambito delle competenze provinciali – ha dichiarato Bianchini al termine del vertice – la Commissione promuoverà ogni iniziativa presso l’azienda e la Regione Lazio affinché il licenziamento venga scongiurato. È indispensabile tutelare un diritto anche perché ad essere maggiormente colpite dalla procedura sono soprattutto donne e, secondo quanto riportato dai lavoratori, persino categorie protette”.
Nelle stesse ore Ugo Onorati, consigliere provinciale dell’Idv (Italia dei Valori), ha espresso solidarietà agli addetti Vodafone “ingiustamente licenziati”.
I lavoratori, che dal 12 settembre si sono riuniti in un piccolo presidio presso Piazza SS Apostoli a Roma davanti alla sede di Vodafone Italia, sono intenzionati a proseguire nelle proteste. Ma la parola definitiva verrà pronunciata con ogni probabilità l’11 ottobre, quando si terrà un ultimo incontro tra rappresentanti di Vodafone, esponenti di Cgil, Cisl e Uil e rappresentanti della Regione. Sarà allora che terminerà la procedura di licenziamento collettivo tuttora in corso e i licenziamenti diverranno definitivi.
La vicenda dei 133 ex addetti al call center (inizialmente era questo il numero) inizia il 5 novembre 2007, quando Vodafone cede il back office a Comdata Care, azienda che fornisce operatori di call center. L’accordo prevede l’esternalizzazione di 914 dipendenti tra Roma, Napoli, Ivrea, Milano e Padova e la garanzia del posto per 7 anni.
L’operazione supera il vaglio dei 27 giudici del lavoro tra Roma, Milano, Napoli e Padova, ma a loro volta gli ex addetti al call center si rivolgono al tribunale di Roma, che con le sentenze del 23 giugno e 21 dicembre 2011 e del 5 giugno 2012 dichiara “inefficace il contratto di cessione di ramo d’azienda” e ordina il reintegro degli esternalizzati. Secondo il giudice Francesca Romana Pucci infatti la cessione è stata in realtà “una forma di espulsione di quote di personale, non consentita neppure nel mutato contesto normativo”.
La società – spiegano i lavoratori – reintegra gli addetti a busta paga (con lo stipendio ma senza obbligo di presentarsi sul posto di lavoro) e subito dopo avvia le procedure di mobilità per riduzione personale. La prima, per 28 dipendenti (erano 33, ma per 5 di loro il licenziamento era impossibile per legge considerato, per esempio, che alcune erano madri con bambini sotto l’anno di età), si è conclusa lo scorso 10 maggio con le lettere di licenziamento. L’altra, per altri 100 ex esternalizzati, è in corso dal primo agosto.
Nell’ambito della legislazione che regola le procedure di licenziamento collettivo (destinato a durare in tutto 75 giorni), i primi 45 sono dedicati al tentativo di trovare soluzioni alternative. Scaduto il termine, la legge prevede altri 30 giorni in cui i lavoratori possono rivolgersi alle istituzioni: da qui il ricorso alla Provincia e alla Regione, essendo i licenziamenti tutti su Roma.
“I licenziati – dice Serena Antonelli, una delle rappresentanti dei lavoratori – sono quasi tutte donne e intorno ai 40 anni. Siamo operatori di call center, perciò basterebbe un corso di formazione per metterci in condizione di fare altra attività legata al servizio clienti”. La Antonelli ribadisce poi che “Vodafone non è un’azienda in crisi e che l’esternalizzazione di dipendenti presso una newco appositamente creata, la Comdata Care, e altre cessioni di ramo d’azienda si sono rivelati licenziamenti mascherati”.
Dal canto suo giorni fa Vodafone Italia ha sempre sottolineato che l’accordo relativo alla cessione del ramo “è stato ritenuto valido da 27 sentenze in tutta Italia” compresa “la più recente, datata 5 luglio 2012, emessa dal tribunale di Roma”.
Inoltre l’azienda ricorda che “ad ulteriore garanzia di continuita’ occupazionale, lo scorso 25 maggio Vodafone Italia, Comdata SpA e le rappresentanze sindacali hanno siglato un accordo che consolida la partnership commerciale tra Vodafone e Comdata Spa, e che prevede la fusione di Comdata Care all’interno del Gruppo Comdata. Oggetto dell’accordo erano le attività di back office che non sono oggi più parte del perimetro organizzativo di Vodafone Italia, né lo saranno in futuro”.
Infine Vodafone esclude “ogni eventuale ipotesi di discriminazione. Alcune delle 27 sentenze di cui sopra – riferisce l’azienda al “Corriere delle Comunicazioni” – confermano infatti che la percentuale di lavoratori appartenenti a categorie che, secondo gli ex dipendenti, sarebbero state discriminate (ad esempio donne, mamme, categorie protette, dipendenti affetti da varie patologie, sindacalisti) presente nel ramo ceduto è uguale a quella delle altre attività lavorative svolte nei Customer Care”.