Videoconferenze per decreto. Per i detenuti più pericolosi. Il governo – scrive La Repubblica – sta preparando un pacchetto anticrimine che dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri al massimo fra un paio di settimane. Le nuove norme prevedono l’uso della conferenza a distanza negli interrogatori, a piena discrezionalità del giudice che, però, nel caso in cui decida di non ricorrere alla tecnologia dovrà spiegare il perché assumendosene tutte le responsabilità.
Il dibattito su uso più diffuso della videoconferenza si è riacceso nei giorni scorsi dopo la fuga del boss Domenico Cutrì, a seguito dell’assalto al furgone della Polizia Penitenziaria che lo stava trasportando in udienza.
Il primo ad evidenziare la necessità di ricorrere alle nuove tecnologie è stato il segretario del Pd, Matteo Renzi: “Con una videoconferenza avremmo evitato l’assalto, i morti e l’evasione. Tecnologia e giustizia, perché aspettare ancora?”.
Analoga riflessione è arrivata dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri che, appresa la notizia, ha subito sostenuto opportuno ricorrere all’obbligatorietà della “videoconferenza per detenuti di alta sicurezza”, osservando che in questo modo “si risparmiano al contempo soldi e tempo, annullando le spese di trasporto e soprattutto annullando il pericolo per l’incolumità degli stessi agenti di polizia penitenziaria e dei passanti”.
Sulla stessa scia anche la Guardasigilli Anna Maria Cancellieri: “Se l’imputato è pericoloso – aveva detto il ministro – è bene che non esca mai dal carcere, nemmeno per essere tradotto in udienza”.
D’accordo anche il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino: “Il sistema delle videoconferenze – ha detto – è senza dubbio la direzione da percorrere, anche perchè rientra già nelle buone prassi europee”.