Giornata di fuoco per le Tlc italiane. Tim ha dovuto vedersela con l’azionista di maggioranza Vivendi nel cda straordinario convocato per discutere del nuovo piano di riorganizzazione annunciato dall’Ad Luigi Gubitosi e anche del dossier rete unica che si è impantanato da mesi.
“Il Consiglio di Amministrazione di Tim, riunitosi oggi su richiesta di alcuni consiglieri sotto la presidenza di Salvatore Rossi, ha esaminato il difficile contesto di mercato e le sfide che attendono la società in materia di strategia, performance aziendale e organizzazione, anche in vista della preparazione del Piano Strategico 2022-2024 – si legge nella nota emessa a seguito del Consiglio -. Il Cda ha inoltre definito il percorso per la preparazione e condivisione del Piano Strategico 2022-2024 da approvare nella riunione del Consiglio del prossimo febbraio”. E riguardo alle dossier infrastrutture “la società ricorda che non è in corso alcuna negoziazione relativa alla rete o altri asset strategici“.
Il cda straordinario di Tim è andato in scena tutto mentre dall’Antitrust Ue arrivava l’ok incondizionato al riassetto di Open Fiber dopo l’uscita di scena di Enel. Nella wholesale company aumenta il peso di Cassa depositi e prestiti che sale al 60% dal precedente 50%. Al fondo australiano Macquaire il restante 40%.
“La Commissione Europea ha approvato, ai sensi del Regolamento UE sulle Fusioni, l’acquisizione del controllo congiunto di Open Fiber Spa da parte di Cdp Equity Spa, entrambe italiane, e di Macquarie Group Limited, australiana”, rende noto la Commissione Ue. “La Commissione ha concluso che l’acquisizione proposta non solleverebbe problemi di concorrenza data l’assenza di sovrapposizioni orizzontali o relazioni verticali tra le attività di Macquarie (comprese le sue società in portafoglio) e Open Fiber”. La Commissione ha anche valutato se, alla luce degli interessi di Cdp in Tim, l’operazione avrebbe aumentato i rischi di coordinamento tra Open Fiber e Tim. “Fatta salva l’applicabilità degli articoli 101 e 102 Tfue o di qualsiasi altra disposizione nazionale equivalente sui possibili effetti anticoncorrenziali, la Commissione ha concluso che i possibili problemi anticoncorrenziali non sono specifici dell’operazione proposta, poiché Cdp Equity aveva già il controllo congiunto di Open Fiber. L’operazione è stata esaminata secondo la normale procedura di revisione della fusione”.
Determinante il ruolo dei fondi nella partita della banda ultralarga italiana: l’americana Kkr ha già una presenza importante in Fibercop, la newco wholesale di Tim di cui detiene il 37,5%. E stando a quanto risulta a CorCom il fondo sarebbe disposto a salire ulteriormente e a mettere un piede anche in Noovle, la cloud company del Gruppo Tim. Sempre stando a indiscrezioni si starebbe profilando un “aggiustamento” del progetto AccessCo – ossia della newco delle reti in cui dovrebbero confluire gli asset di Tim e Open Fiber. Il nodo resta quello della proprietà dell’infrastruttura a cui Tim ha sempre dichiarato di non voler rinunciare. E la questione non è tanto legata al profilo Antitrust – l’Europa potrebbe considerare l’operazione una “concentrazione” – ma alla gestione del debito di Tim. Se la telco rinunciasse alla proprietà della rete, pur mantenendo in pancia il backbone e la rete primaria, ciò potrebbe comportare problemi con le banche. La soluzione potrebbe essere migrare parte (consistente) del debito nella newco, a garanzia dei prestiti bancari (considerando anche la successiva quotazione della newco alla stregua del modello Terna) ma l’operazione non è facile e potrebbe comportare “riassetti” a livello di azionariato.
Intanto i sindacati accusano il Mise di non dare adeguata attenzione al tema delle telecomunicazioni: “Il Ministro Giorgetti e la Sottosegretaria Ascani hanno convocato “ad horas” i vertici di Dazn sulla questione delle trasmissioni del campionato di calcio, Mentre si denuncia da mesi lo stato del settore delle Tlc ed in particolare il tema del ritardo sulla infrastutturazione di una rete in fibra unica, la priorità è convocare Dazn!”, scrivono in una nota congiunta Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil che annunciano “la mobilitazione diventa inevitabile in assenza di una pronta convocazione“.