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Vivendi vende oltre il 5% di Tim. Gli analisti: “Disimpegno positivo per il futuro della telco”



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La media company francese scende al 18,37% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto. Per il mercato la cessione eliminerebbe un elemento di incertezza sui prossimi passi della storia di turnaround del gruppo guidato da Labriola e sarà positiva per la governance e la flessibilità strategica. Intanto sale l’attesa per il cda di Poste del 26 marzo: ci saranno novità sulle possibili sinergie?

Pubblicato il 24 mar 2025



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Vivendi, primo azionista di Tim, dismette una parte della quota del gruppo delle telecomunicazioni, cedendo una partecipazione di oltre il 5%.

La società francese scende, così, al 18,37% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto di Tim. In precedenza, la quota del capitale ammontava al 23,75%.

La media company francese ha sfruttato, come aveva anticipato, una finestra di mercato favorevole, con il titolo del gruppo guidato da Pietro Labriola, che recentemente ha raggiunto anche la quota dei tre euro.

Vivendi, poi, già il 18 marzo 2025 era scesa sotto la soglia del 20% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto di Tim, arrivando a possedere il 19,32% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto dell’operatore di telecomunicazioni italiano, ed il 13,87% del suo capitale sociale.

La notifica alla Consob

Scendendo sotto questa soglia ha dovuto notificare alla Consob il movimento, per poi arrivare con “piccole” vendite successive alla quota finale comunicata. “Tale superamento della soglia deriva dalle vendite di azioni sul mercato”, ha chiarito la media company nella nota, ricordando anche che Vivendi “ha cessato di contabilizzare la propria partecipazione in Tim con il metodo del patrimonio netto a partire dal 31 dicembre 2022 e ha indicato in diverse occasioni l’intenzione di vendere la propria partecipazione in un contesto di buone condizioni finanziarie”.

Le anticipazioni delle “mosse”

Il 6 marzo il presidente di Vivendi Yannick Bollorè confermava agli analisti finanziari che il gruppo intendeva disimpegnarsi da Tim ma senza fretta, “quando potrà farlo a buone condizioni”, specificava. “L’intenzione è di vendere la nostra quota, questo è il piano. Abbiamo sentito diverse speculazioni ma quando potremo vendere a buone condizioni lo faremo: il nostro è un approccio molto pragmatico”, spiegava Yannick Bollorè.

Parole riprese anche dall’Ad, Arnaud de Puyfontaine. “Abbiamo chiarito che la nostra intenzione è di vendere la nostra quota in Telecom Italia e questo è il piano –puntualizzava in una call con gli analisti – Abbiamo visto molte speculazioni su questo, ma quando saremo nella posizione di uscire dalla compagnia nelle migliori condizioni lo faremo. Siamo pragmatici e azionisti attivi e vogliamo dedicarci a fondo a trovare una soluzione per quanto riguarda l’attuale situazione”.

E così è stato, con gli analisti che ora potranno analizzare i dialoghi tra il gruppo Poste italiane, che non avrebbe partecipato con acquisti alla quota ora venduta da Vivendi ma che alcuni ipotizzano possa risalire dal suo quasi 10%, con l’obiettivo, secondo diverse ricostruzioni, di rimanere comunque sotto la soglia dell’obbligo di Opa.

Il commento degli analisti

Complessivamente per gli analisti il disimpiegno di Vivendi in Tim è positivo pur non escludendo il rischio overhang.
“Non escludiamo, come ipotizzato anche in diversi articoli di stampa, che il grosso della partecipazione residua di Vivendi possa essere comprato da Poste, che potrebbe acquisire fino al 15% circa del capitale ordinario, salendo al limite della soglia d’opa del 25% (circa 700 milioni di esborso ai valori correnti)”, osserva Equita che ritiene la possibile l’uscita del gruppo francese “molto positiva per Tim in quanto eliminerebbe un elemento di incertezza sui prossimi passi della storia di turnaround del gruppo, vista la posizione molto critica di Vivendi sull’esecuzione del piano industriale presentato al mercato da Labriola e il veto che era stato posto in passato da Vivendi sull’operazione di ottimizzazione della struttura del capitale. Il rafforzamento di Poste in Tim a nostro avviso fornirebbe poi al gruppo una governance più solida”.

Per gli analisti di Banca Imi “l’uscita di Vivendi era ampiamente prevista e sarà positiva per la governance e la flessibilità strategica di Tim. Allo stesso tempo, ci si aspettava generalmente che Vivendi vendesse una partecipazione a un acquirente industriale o finanziario piuttosto che sul mercato aperto. Se così fosse, nei prossimi giorni potrebbero essere date informazioni sulla transazione”.

Barclays, pur segnalando il rischio di overhang per un eccesso di azioni offerte sul mercato se Vivendi continuerà cedere le sue, ha un giudizio “overweight” con target price di 0,4 euro perché “vedremmo qualsiasi debolezza come un’opportunità di acquisto, date le sue solide tendenze, la bassa leva finanziaria e le numerose opzioni positive” del gruppo guidato da Pietro Labriola.

Sale l’attesa per il cda di Poste

In questo scenario in evoluzione sale l’attesa per il cda di Poste, in caledario il 26 marzo, chiamato ad approvare i conti 2024. Ci si aspetta qualche indicazione in più  sulle possibili mosse che intende fare in relazione a Tim, anche a livello di sinergie da trovare.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Poste sarebbe interessata soprattutto a Tim Mobile, un in cui già opera con Poste Mobile. Lo scenario più probabile potrebbe essere uno spin-off di Tim Mobile e una combinazione con Iliad al fine di ridurre il numero di player in Italia anche se esiste la possibilità che l’antitrust chieda dei rimedi per evitare una posizione dominante.

Le parole di Labriola sul consolidamento

La scorsa settimana l’ad di Tim, Pietro Labriola, ha fatto capire che c’è spazio per una collaborazione con Poste sia sul fronte consolidamento sia sul fronte customer platform.

Sul tema del consolidamento che deve partire dal “campione nazionale” prima di pensare a un “campione europeo”, Labriola ha citato Poste Italiane che, dopo essere entrata nel capitale di Tim, “potrebbe accelerare questo processo e porterebbe all’espansione dei servizi al segmento consumer come l’energia”.

“Il consolidamento”, ha spiegato l’Ad, “porterà le aziende a mettere insieme le reti e questo comporterà un’assunzione di costo minore”. Per Tim, ci sono solo “due partner ideali: iliad e Poste, tutti gli incroci che portano a una quota di mercato sopra il 45% sono impraticabili”. Un deal con iliad avrebbe caratteristiche industriali di riduzione delle reti, mentre “con Poste la partnership può accelerare la condivisione della base clienti”.

“Il futuro delle tlc è la customer platform, vendere alla nostra base clienti altri servizi, energia, servizi finanziari, assicurazioni – ha puntualizzato – e quindi una partnership commerciale un po’ più estesa con Poste potrebbe accelerare questo percorso”.

Cvc alla finestra

In partita anche il fondo britannico Cvc, da tempo interessato a entrare nel capitale nel gruppo delle telecomunicazioni. Il fondo potrebbe rilevare la quota di Vivendi in Tim, ma ovviamente vuole capire la posizione di Poste e del governo. Con l’obiettivo temporale che potrebbe essere l’assemblea di giugno, ma intanto si fanno i conti sui possibili colloqui diretti di Vivendi con gli interessati.

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