Le agenzie governative di alcuni Paesi hanno accesso diretto alla rete Vodafone e possono ascoltare liberamente le telefonate degli utenti, e risalire senza filtri ai dati che riguardano le loro comunicazioni. A denunciarlo è proprio il secondo operatore mondiale nel campo della telefonia mobile, nel proprio “disclosure report” appena pubblicato. “In un limitato numero di paesi – si legge nel documento – le legge prevede che alcune specifiche agenzie e autorità debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo sulle intercettazioni legali da parte dell’operatore stesso”.
Secondo le anticipazioni dei dettagli del rapporto pubblicate dal quotidiano britannico “Guardian” l’Italia è il paese in cui Vodafone registra il numero più alto di richieste legali di metadata, le informazioni cioè sulla localizzazione dei telefoni cellulari, sugli orari, le date e le utenze con cui alcuni soggetti “sotto controllo” entrano in comunicazione.
Un dato su cui il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha dato la sua lettura a margine del Consiglio europeo sulle telecomunicazioni in corso a Lussemburgo: “Sicuramente l’Italia non agisce al di fuori delle prerogative e delle leggi – ha commentato – Credo che si possa escludere che l’Italia possa agire al di fuori delle prerogative della Costituzione e delle norme”.
A stretto giro arriva anche il commento del Garante sulla privacy, Antonello Soro: “Non è tollerabile che i Governi svolgano un’opera di sorveglianza così massiva, generalizzata e indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone – afferma – Così come non è accettabile che i Governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone”. “Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale – sottolinea Soro – è l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità”. “Va riaffermata l’idea – conclude Soro – che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle liberta? dei cittadini perchè in questo modo si rischia di calpestare l’essenza stessa del bene che si vuole difendere”.
Secondo i dati che emergono dal “disclosure report” del gruppo guidato da Vittorio Colao “in un limitato numero di paesi la legge prevede che alcune specifiche agenzie e autorità debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo sulle intercettazioni legali da parte dell’operatore stesso”.
Nel rapporto, Vodafone precisa che in molti dei 29 paesi in cui opera le agenzie governative hanno bisogno di un mandato legale per intercettare le comunicazioni, ma in alcuni paesi la procedura è più semplice e diretta. Vodafone, pubblicando il report, chiede che dove ciò avviene la legislazione venga modificata a tutela della privacy degli utenti.
Dopo il datagate e le rivelazioni di Edward Snowden sui controlli della Nsa, d’altra parte, molti Paesi hanno già preso in considerazione di normare in modo più stringente la possibilità di acquisizione delle informazioni e di intercettazioni da parte di agenzie governative.